Le Isole di spazzatura negli oceani che sconvolgono il mondo. Pacific Trash Vortex


Image credit: Caroline Power
Pacific Trash Vortex
Il Pacific Trash Vortex, noto anche come grande chiazza di immondizia del Pacifico[1] (Great Pacific Garbage Patch) o semplicemente isola di plastica [2][3][4][5][6][7][8][9][10][11][12], è un enorme accumulo di spazzatura galleggiante (composto soprattutto da plastica) situato nell'Oceano Pacifico, approssimativamente fra il 135º e il 155º meridiano Ovest e fra il 35º e il 42º paralleloNord.[13]

La sua estensione non è nota con precisione: le stime vanno da 700.000 km² fino a più di 10 milioni di km² (cioè da un'area più grande della Penisola Iberica a un'area più estesa della superficie degli Stati Uniti), ovvero tra lo 0,41% e il 5,6% dell'Oceano Pacifico[nota 2]. Nonostante le valutazioni ottenute indipendentemente dall'Algalita Marine Research Foundation e dalla Marina degli Stati Unitistimino l'ammontare complessivo della sola plastica dell'area in un totale di 3 milioni di tonnellate[1], nell'area potrebbero essere contenuti fino a 100 milioni di tonnellate di detriti.[14][15] [16]

L'accumulo si è formato a partire dagli anni 80, a causa dell'azione della corrente oceanica chiamata Vortice subtropicale del Nord Pacifico (North Pacific Subtropical Gyre), dotata di un particolare movimento a spirale in senso orario, il centro di tale vortice è una regione relativamente stazionaria dell'Oceano Pacifico (ci si riferisce spesso a quest'area come la latitudine dei cavalli), che permette ai rifiuti galleggianti di aggregarsi fra di loro, formando un'enorme "nube" di spazzatura presente nei primi strati della superficie oceanica.

Questo accumulo viene informalmente chiamato con diversi nomi, tra cui Isola orientale di Immondizia o Vortice di Pattume del Pacifico.

Una chiazza di detriti galleggianti simile, con densità comparabili, è presente anche nell'Oceano Atlantico (è chiamata "North Atlantic garbage patch").[17][18] Molti animali come tartarughe e uccelli muoiono a causa di questi detriti, scambiati talvolta per meduse o pesci.




Scoperta

La Grande chiazza di immondizia si è formata nella zona di convergenza del Vortice subtropicale del Nordpacifico

L'esistenza della Grande chiazza di immondizia del Pacifico fu preconizzata in un documento pubblicato nel 1988 dalla National Oceanic and Atmospheric Administration (NOAA) degli Stati Uniti. Le predizioni erano basate su risultati ottenuti da diversi ricercatori con base in Alaska che, fra il 1985 e il 1988, misurarono le aggregazioni di materiali plastici nel nord dell'Oceano Pacifico.[19]

Queste indagini trovarono elevate concentrazioni di detriti marini accumulati nelle regioni dominate dalle correnti marine. Basandosi su ricerche effettuate nel Mar del Giappone, i ricercatori ipotizzarono che condizioni similari dovessero verificarsi in altre porzioni dell'Oceano Pacifico, dove le correnti prevalenti favorivano lo sviluppo di masse d'acqua relativamente stabili. I ricercatori indicarono specificamente il Nord del Pacifico come zona di convergenza del Vortice subtropicale.

Caratteristiche

Per diversi anni alcuni ricercatori oceanici, tra cui Charles J. Moore,[20] hanno investigato a fondo la diffusione e la concentrazione dei detriti plastici presenti nel Vortice subtropicale del Nord Pacifico.

La concentrazione stimata della plastica è di 3,34 × 106 frammenti per km², con una media di 5,1 kg/km² raccolti utilizzando una rete a strascico rettangolare delle dimensioni di 0,9×0,15 m. A 10 m di profondità è stata individuata una concentrazione pari a poco meno della metà di quella in superficie, con detriti che consistono principalmente di monofilamenti, fibre di polimeri incrostati di plancton e diatomee.[21]

Plastica ovunque, come conferma l'università di San Diego negli Stati Uniti: "quando sei libera in mezzo non vedi altro che plastica e plastica". Vogliono capire come mai 4 milioni di tonnellate di rifiuti di plastica (sui 60 miliardi di prodotti ogni anno nel mondo) si siano dati appuntamento li nella grande chiazza nell'Oceano Pacifico del nord, spinti dalle correnti circolari.
Capaci di catturare bottiglie di plastica sulla costa Americana per poi depositarle al centro del vortice; con il passar del tempo le bottiglie diventano un brodo insieme a tutti gli altri pezzi galleggianti ed evanescenti, persino ad occhi dei satelliti . La maggior parte dei frammenti è così piccola da finire nello stomaco dei pesci, per poi risalire da un anello all'altro lungo la catena alimentare fino all'uomo.
Ecologia dell'isola di plastica[modifica | modifica wikitesto]

Mentre i rifiuti galleggianti di origine biologica sono spontaneamente sottoposti a biodegradazione, in questa zona oceanica si sta accumulando un'enorme quantità di materiali non biodegradabili come plastica e rottami marini. Anziché biodegradarsi, la plastica si fotodegrada, ovvero si disintegra in pezzi sempre più piccoli fino alle dimensioni dei polimeri che la compongono; nondimeno, questi ultimi restano plastica e la loro biodegradazione resta comunque molto difficile[22].
La fotodegradazione della plastica può produrre inquinamento da PCB.

Il galleggiamento delle particelle plastiche, che hanno un comportamento idrostatico simile a quello del plancton, ne induce l'ingestione da parte degli animali planctofagi, e ciò causa l'introduzione di plastica nella catena alimentare. In alcuni campioni di acqua marina prelevati nel 2001, il rapporto tra la quantità di plastica e quella dello zooplancton, la vita animale dominante dell'area, era superiore a sei parti di plastica per ogni parte di zooplancton.

L'isola costituisce un nuovo ecosistema dove la plastica è colonizzata da circa mille tipi diversi di organismi eterotrofi, autotrofi, predatori e simbionti, tra cui diatomee e batteri, alcuni dei quali apparentemente in grado di degradare la materia plastica e gli idrocarburi.
In esso si trovano anche agenti potenzialmente patogeni, come batteri del genere vibrio.
La plastica, a causa della sua superficie idrofobica, presenta una maggior resistenza alla degradazione e si presta a essere ricoperta da strati di colonie microbiche[23].

Origine della plastica
Le cadute dei container

Occasionalmente, improvvisi mutamenti nelle correnti oceaniche provocano la caduta di interi container trasportati da navi cargo, il cui contenuto va non solo ad alimentare il Nord Pacific Gyre, ma anche ad arenarsi su spiagge poste ai confini del PTV.

La più famosa perdita di carico è avvenuta nel 1990, quando dalla nave Hansa Carrier sono caduti in mare ben 80.000 articoli, tra stivali e scarpe da ginnastica della Nike che, nei tre anni successivi, si sono arenati nelle spiagge degli stati della British Columbia, Washington, Oregon e Hawaii.
Questo non è stato l'unico caso, nel 1992 sono caduti in mare decine di migliaia di giocattoli da vasca da bagno, e nel 1994 attrezzature per hockey su ghiaccio. Questi eventi notevoli sono molto utili per determinare, da parte delle diverse istituzioni interessate, i flussi delle correnti oceaniche su scala globale.[24]

Una mappa delle correnti oceaniche


Effetto del maremoto giapponese del 2011

Il maremoto che ha colpito la costa orientale giapponese l'11 marzo 2011 ha provocato un enorme afflusso di detriti nell'oceano; questi galleggiando, spinti dalle correnti, si sono distribuiti nell'oceano Pacifico, raggiungendo anche la costa americana. Uno studio condotto nel luglio 2012 ha rivelato che parte dei detriti galleggianti si sono accumulati nel Pacific Trash Vortex accrescendolo fino ad una larghezza di 2000 miglia; di questi solo il 2% non è costituito da plastica[25].
Altre isole oceaniche di rifiuti[modifica | modifica wikitesto]

A seguito di ricerche condotte con una serie ventennale di crociere scientifiche svolte fra il Golfo del Maine e il Mar dei Caraibi, la ricercatrice Kara Lavender Law ha riscontrato anche nell'oceano Atlantico un'elevata concentrazione di frammenti plastici in una zona compresa fra le latitudini di 22°N e 38°N, corrispondente all'incirca al Mar dei Sargassi. Simulazioni al computer hanno individuato due altre possibili zone di accumulo di rifiuti oceanici nell'emisfero meridionale: una nell'oceano Pacifico a Ovest delle coste del Cile e una seconda allungata tra l'Argentina e il Sud Africa attraverso l'Atlantico[26].

Un sesto accumulo di rifiuti potrebbe essere in corso di formazione nel mare di Barents, col rischio di un suo spostamento nel mar Artico [27].

La prima mappatura delle isole di plastica negli oceani è di luglio 2014 ed è stato pubblicato su Proceedings of the National Academy of Sciences[28].

Azioni di sensibilizzazione

Nel 2012 lo studente di ingegneria Boyan Slat ha ideato un concept finalizzato alla pulitura degli oceani dalla plastica: The Ocean Cleanup. Secondo gli studi effettuati dal suo team il processo di pulitura sarebbe praticamente a costo zero, poiché realizzato sfruttando la luce solare, l'energia delle correnti marine e mediante il riciclo a terra dei materiali raccolti.

L'11 aprile 2013 l'artista Maria Cristina Finucci ha fondato il Garbage Patch State pronunciando il discorso di insediamento alla presenza della Direttrice Generale dell'UNESCO Irina Bokova [29].


Note

^ Letteralmente, in italiano: vortice di pattume dell'oceano Pacifico.
^ Questa incertezza di cifre è collegata al fatto che non esiste un criterio univoco per determinare il confine fra livelli di inquinanti considerati "normali" e livelli "elevati", come non ne esiste uno per identificare i residui che fanno stabilmente parte della Chiazza.Fonti

^ a b Alan Weisman, I polimeri sono per sempre, in Il mondo senza di noi, Torino, Einaudi, 2008 [2007], p. 376.
^ "Plastic Paradise", in un film tutto l'orrore dell'isola di spazzatura nel Pacifico, in adkronos, 17-03-2015. URL consultato il 19-06-2016.
^ L'isola di plastica, in saperescienza.it. URL consultato il 19-06-2016 (archiviato dall'url originale il 15 giugno 2016).
^ L’isola di plastica presente nel Pacifico. Sempre più danni all’ambiente, in zon.it, 24-09-2015. URL consultato il 19-06-2016.
^ L'isola rifiutata, in zon.it, 10-06-2011. URL consultato il 19-06-2016.
^ Isole di plastica, il mare è in pericolo, in stampa.it, 20-12-2014. URL consultato il 19-06-2016.
^ L'isola di plastica nel Pacifico è il doppio degli Stati Uniti, in greenme, 04-11-2011. URL consultato il 19-06-2016.
^ Le 5 isole di plastica che soffocano il mare, in Io Donna, 13-01-2014. URL consultato il 19-06-2016.
^ Isole di plastica, tra 30 anni nuova meta vacanziera se continuiamo così, in Huffington post, 27-04-2016. URL consultato il 19-06-2016.
^ L'isola di plastica che uccide milioni di uccelli, in animalivolanti.xyz, 11-01-2016. URL consultato il 19-06-2016 (archiviato dall'url originale il 30 giugno 2016).
^ Il ragazzo che vuole ripulire l’oceano, in nova.ilsole24ore.com, 13-07-2014. URL consultato il 19-06-2016.
^ (EN) Susan L. Dautel, Transoceanic Trash: International and United States Strategies for the Great Pacific Garbage Patch (PDF), in Golden Gate University Environmental Law Journal, vol. 3, nº 1, 2009, pp. 181-208. URL consultato il 22 maggio 2014.
^ (EN) Kathy Marks e Daniel Howden, The world's rubbish dump: a tip that stretches from Hawaii to Japan, in The Independent, 5 febbraio 2008. URL consultato il 22 maggio 2014.
^ (EN) Xavier La Canna, Floating rubbish dump 'bigger than US', in News.com.au, 4 febbraio 2008. URL consultato il 26 febbraio 2008 (archiviato dall'url originale il 4 settembre 2012).
^ welcome-to-garbage-patch-state-where-plastic-rules, su motherboard.vice.com (archiviato dall'url originale il 19 aprile 2016).
^ (EN) Richard A. Lovett, Huge Garbage Patch Found in Atlantic Too, su National Geographic News, National Geographic Society, 2 marzo 2010. URL consultato il 24 aprile 2015.
^ (EN) Victoria Gill, Plastic rubbish blights Atlantic Ocean, in BBC News, 24 febbraio 2010. URL consultato il 24 aprile 2015.
^ (EN) Charles Moore, Across the Pacific Ocean, plastics, plastics, everywhere, in Natural History, vol. 112, nº 9, novembre 2003. URL consultato il 26 aprile 2015 (archiviato dall'url originale il 13 maggio 2012).
^ (EN) Justin Berton, Continent-size toxic stew of plastic trash fouling swath of Pacific Ocean, in San Francisco Chronicle (San Francisco), 19 ottobre 2007, W-8. URL consultato il 26 aprile 2015.
^ (EN) Charles Moore, Plastic Turning Vast Area of Ocean into Ecological Nightmare, in Santa Barbara News-Press, 27 ottobre 2002. URL consultato il 26 aprile 2015.
^ (EN) Erik R. Zettler, Tracy J. Mincer e Linda A. Amaral-Zettler, Life in the “Plastisphere” Microbial Communities on Plastic Marine Debris, in Environ. Sci. Technol., vol. 47, nº 13, 2013, pp. 7137-7146, DOI:10.1021. URL consultato il 26 aprile 2015.
^ (EN) Simon de Bruxelles, Plastic Duck Armada is Heading for Britain after 15-year Global Voyage, in The Times, 28 giugno 2007.registrazione richiesta
^ (EN) First research voyage through tsunami waters shows great pacific garbage patch is growing, in ocean-news.com (archiviato dall'url originale l'11 aprile 2013).
^ (EN) Sid Perkins, Sea of plastics, in Science News, vol. 177, nº 7, Portland, 27 marzo. [1]
^ Laura Parker, La prima mappa della spazzatura oceanica, 17-07-2014. URL consultato il 19-06-2016.

Bibliografia
(EN) C. J. Moore, S. L. Moore, M. K. Leecaster e S. B. Weisberg, A Comparison of Plastic and Plankton in the North Pacific Central Gyre, in Marine Pollution Bulletin, vol. 42, nº 12, dicembre 2001, pp. 1297-1300.
(EN) Oliver J. Dameron, Michael Parke, Mark A. Albins e Russell Brainard, Marine debris accumulation in the Northwestern Hawaiian Islands: An examination of rates and processes, in Marine Pollution Bulletin, vol. 54, nº 4, aprile 2007, pp. 423-433.
Nicolò Carnimeo, Come è profondo il mare, Chiarelettere, Milano, 2014 - ISBN 978-88-6190-178-0


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